Pagina: Storia di Trieste

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^ ^ ^ ^ ^ ^ STORIA DI TRIESTE ^ ^ ^ ^ ^ ^ 
(tratto da : La città occupata – 1943 – 1945)

29 MARZO 1944

“Ieri sera la polizia germanica ha prelevato dall’ospedale Regina Elena, da quello psichiatrico e dalla sezione dei cronici, tutti gli ammalati e vecchi ebrei” – scrive il vescovo Santin al prefetto Coceani –

“Le scene che si sono svolte non sembrano neppure possibili. In quei luoghi di pietà e di dolore è entrata una ventata disumana e violenta, che ha lasciato in tutti i sofferenti l’impressione più penosa e più rilevante. 
La città tutta ne è nauseata. Sono state prese anche persone che non sono affatto ebree o che la legge non considera tali. Tutti si chiedono dove finiranno questi dolenti. […] Se sapessi che un mio intervento potesse avere anche la più lontana possibilità di ottenere qualche risultato non mi darei pace. Ma so a che cosa approdano le mie raccomandazioni. Io vi prego perciò, Eccellenza, di far sentire d’urgenza alle autorità del Commissariato ed a quelle della polizia, il senso di rivolta della cittadinanza tutta senza distinzione. Anche i barbari si fermano davanti al malato dolente. Con questi sistemi si scavano abissi, non si creano le condizioni necessarie alla comprensione tra i popoli”.

Marco Coslovich ha quantificato il numero dei deportati dall’Adriatisches Küstenland in 8.200 unità, cifra che corrisponde a circa un quinto dell’intera deportazione nazionale. Su 123 trasporti a livello nazionale 74 partirono dal Litorale, su 43 convogli di ebrei, ben 22 partirono da Trieste.

Coceani ricorda al riguardo di aver espresso al consulente germanico “il biasimo unanime per queste operazioni di polizia” e aggiunge:

“Di fronte alle misure della polizia le autorità civili tedesche avevano già dato dimostrazione della loro impotenza. Ma nella questione riguardante gli ebrei avevano ancora minore forza”.

In memoria di tutte le vittime di questa tragica pagina della storia della città, ricorderemo la testimonianza di una donna ebrea di origine corfiota, appartenente cioè alla comunità più povera e più indifesa, spesso discriminata anche all’interno della comunità ebraica triestina.

Intervistata da Silva Bon, Giulia Belleli Schreiber dapprima ricorda alcuni fatti antecedenti l’arresto:

“Ma nel tempo che mia mama iera al Coroneo, che mi iero nascosta intanto, i me vestiva con paruche, con rossetti, perché mi cercavano […] e mi andavo là a portarghe de magnar […] e i me domandava se mi conoscevo la Signora Belleli, che iero mi […] a chi ghe portavo [i viveri] «iera amici» disevo, inveze iera mia mama, mio papà, no so se iera mia sorela, no me ricordo, e rischiavo la vita anche là”.

Subito dopo il ricordo passa al momento dell’arresto:

“Adesso me xe vignù [intende uno spasimo di dolore nel rivivere il ricordo] […] e sempre, no se pol dimenticar ‘ste robe, mai […]. Mi go ciolto gli orechini, li go butà de soto le scale, perché vedevo che i tedeschi i zucava drio (dietro alle orecchie), alora li go butadi; che, difati, quando che son rivada, dopo del campo de concentramento, che grazie a Dio son rimasta viva, no so come, la portinaia la gaveva salvado i orechini e un orologio che gnanche non ’ndava”. Già durante il tragitto da casa alla Questura cominciano le violenze: “Iero tuta […] no savevo cossa iero in quei momenti, perché legnade de qua, legnade de là, […] piccola che iero e abituada ala famiglia; non savevo dove che iera lori [intende i familiari] […]. I me ga portado prima in Questura e dalla Questura in Piaza Oberdan, me par, che là iera el grupo dei nazisti. Iera uno che gaveva la man de legno e che el bastonava, ma che el bastonava, e che mi iero cussì [intende spaventata] […]. De là i me ga portado in Risiera…”.

Più avanti un ricordo pieno “di rabbia e di dolorosa amarezza”, come ci dice Silva Bon:

“Questo iera, no? xe robe […] inumane, a venir a cior gente de casa, inocente. Perché in principio i deseva: 
«’I ciol solo i signoroni», e noi no gavevimo dove scampar. Chi gaveva soldi?! Se no ne bastava neanche quel de lavorar per magnar”.
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 Risiera di San Sabba

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Convoglio deportazioni

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STORIA DI TRIESTE – 28 MARZO 1944

– Trieste – Vengono prelevati tutti gli ebrei presenti negli ospedali compresi 37 dell’Ospedale Psichiatrico. 687 triestini ebrei non sono rientrati dai lager tedeschi.


“La sera del 28 marzo la polizia germanica ha prelevato dall’ospedale Regina Elena, da quello psichiatrico e dalla sezione dei cronici, tutti gli ammalati e vecchi ebrei” – scrive il vescovo Santin al prefetto Coceani – “Le scene che si sono svolte non sembrano neppure possibili. In quei luoghi di pietà e di dolore è entrata una ventata disumana e violenta, che ha lasciato in tutti i sofferenti l’impressione più penosa e più rilevante.
La città tutta ne è nauseata. Sono state prese anche persone che non sono affatto ebree o che la legge non considera tali. 
Tutti si chiedono dove finiranno questi dolenti. […] Se sapessi che un mio intervento potesse avere anche la più lontana possibilità di ottenere qualche risultato non mi darei pace. Ma so a che cosa approdano le mie raccomandazioni. Io vi prego perciò, Eccellenza, di far sentire d’urgenza alle autorità del Commissariato ed a quelle della polizia, il senso di rivolta della cittadinanza tutta senza distinzione. Anche i barbari si fermano davanti al malato dolente. Con questi sistemi si scavano abissi, non si creano le condizioni necessarie alla comprensione tra i popoli”.

Marco Coslovich ha quantificato il numero dei deportati dall’Adriatisches Küstenland in 8.200 unità, cifra che corrisponde a circa un quinto dell’intera deportazione nazionale. Su 123 trasporti a livello nazionale 74 partirono dal Litorale, su 43 convogli di ebrei, ben 22 partirono da Trieste.

Coceani ricorda al riguardo di aver espresso al consulente germanico “il biasimo unanime per queste operazioni di polizia” e aggiunge: “Di fronte alle misure della polizia le autorità civili tedesche avevano già dato dimostrazione della loro impotenza. Ma nella questione riguardante gli ebrei avevano ancora minore forza”.


“T4: DAGLI ARCHIVI UNA TESTIMONIANZA SU TRIESTE”

Questa testimonianza è stata ritrovata negli archivi e.. moltissimi ancora non sanno.

Giovanni Sai, Direttore dell’Ospedale Psichiatrico Provinciale “Andrea di Sergio Galatti” e annessi Istituti, nell’agosto 1945 riprendeva il tradizionale invio di relazioni annuali alla Provincia di Trieste descrivendo l’ultimo periodo bellico:

“A fine dicembre [1943] si presentarono due ufficiali delle S.S. germaniche chiedendo le distinte di tutti gli ebrei ricoverati negli ospedali di San Giovanni, e affermando di essere a conoscenza del fatto che vari israeliti perfettamente sani, erano stati accolti – connivente il direttore e il primario Costantinides – all’Ospedale
psichiatrico per sottrarsi a eventuali misure restrittive disposte da parte delle autorità tedesche.

Di fatto il Comprensorio si era prestato quale rifugio per giovani determinati a sottrarsi al reclutamento, in particolare nascosti nelle “Casette malattie contagiose, adiacenti alla Casa domenicale”, dove avevano stabilito nella fogna cementata un piccolo deposito di bombe a mano. 
I due agenti delle S.S. vollero difatti interrogare tutti gli ebrei ricoverati all’Ospedale psichiatrico e,dopo gli interrogatori, parvero convinti di essersi trovati di fronte a dei veri ammalati.

Senonché il 28 marzo 1944, nelle ore meridiane, un gruppo di agenti delle S.S. entrò con un’autocorriera nello stabilimento, nonostante le proteste dello scrivente chiedente l’esibizione di un ordine scritto e firmato che autorizzasse il loro procedere. Irruppero nei padiglioni dell’Ospedale psichiatrico e dei cronici caricando in tutto i 37 israeliti (24 psichici e 13 cronici) sull’autocorriera che parti per ignota destinazione.

Ai sofferenti erano state fatte a tempo iniezioni di morfina, giacché i soldati delle S.S. cacciavano anche gli ammalati gravissimi nella corriera, senza alcuna pietà per le loro sofferenze e il loro strazianti lamenti. 
Lo scrivente chiese ripetutamente agli agenti dove conducessero quei disgraziati, ma non ebbe alcuna risposta. 
Li vedemmo partire col la ambascia nel cuore, ben sapendo che non li avremmo rivisti mai più.”

(dal lavoro di ricerca di Lorenzo Toresini, Bruno Norcio e Mariuccia Trebiciani sugli archivi dell’Osp di San Giovanni; ora riportato nel libro di Gloria Nemec, “Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970” di prossima uscita per la Collana 180, Archivio critico della salute mentale ed AB verlag, Merano)


“DAL MANICOMIO AL LAGER DI STERMINIO”
Riflessioni sulla deportazione di un gruppo di ricoverati ebrei dall’ospedale psichiatrico di Trieste.

Nel quadro della persecuzione ebraica a Trieste, la deportazione di ricoverati ebrei dagli ospedali psichiatrico e per lungodegenti, dall’ospedale maggiore e dall’ospizio ” Pia casa Gentilomo ” (ospedale israelitico e ricovero per ottanta anziani) è un dato già noto per le ricerche di alcuni storici di Trieste .

L’aver individuato e riportato alla luce dai vecchi archivi degli ospedali le cartelle cliniche delle vittime di quell’episodio non costituisce quindi una ‘scoperta’ storica, ma ha il valore diretto di una testimonianza inequivocabile, suscitatrice di emozioni.
Per noi – operatori psichiatrici da oltre vent’anni impegnati sul fronte della lotta al manicomio in quanto istituzione segregante – ha soprattutto il valore di un obbligo etico di fronte alla storia, soprattutto in questo momento di furore nazionalista ,associato a rigurgiti razzisti e violenze xenofobe che attraversano l’Europa e gran parte del mondo .

il dossier : http://www.triestesalutementale.it/letteratu…/…/36lager.htm…

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Pagina: Storia di Triesteultima modifica: 2019-03-30T19:54:26+01:00da alessandro54
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