Pagina: La Storia degli “esuli Istriani, Fiumani, Dalmati”

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IL PRIMO ESODO DEI DALMATI: 1870, 1880 E 1920

articolo: https://secolo-trentino.com/2020/02/11/primo-esodo-dalmati-1870-1880-1920/

Trieste_1954

L’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati è la conseguenza degli avvenimenti della Seconda Guerra mondiale. La tragedia delle foibe è effetto delle violenze perpetrate dagli slavi come ritorsione alle violenze durante l’occupazione italiana dal 1920 al 1945“.

Questa è l’obiezione che ogni anno, a ridosso del Giorno del Ricordo, da dodici anni viene ripetuta come un mantra dai media del nostro paese controllati da una ben individuata scuola di pensiero. In buona sostanza, gli slavi di Tito nella ritorsione anti-italiana hanno forse un po’ esagerato, ma erano esasperati dalle violenze e dall’oppressione esercitate dall’occupante italiano. Tutto ciò denota una ignoranza, quando non si parli di vera e propria malafede, piuttosto radicata rispetto alla storia delle terre di Istria e Dalmazia.

Che non furono mai terre avulse dalla storia italiana, come vedremo più avanti, ma facenti parte a pieno diritto della nostra storia nazionale, come lo sono tutte le storie delle attuali regioni italiane. Perché ciò che fece Tito fu solo l’ultimo atto di un percorso iniziato nel 1860 e – francamente – la questione dell’ideologia comunista professata dai titini non fu il fattore scatenante: semmai fu il nuovo collante ideologico che tenne insieme i popoli slavi (sloveni, serbi, croati) in funzione anti-italiana.

La storia di quelle terre, che furono romane e poi per quasi mille anni veneziane, è storia patria e dovrebbe essere studiata nelle scuole di ogni ordine e grado. Invece oggi è storia dimenticata, quando addirittura storia misconosciuta e nascosta. Ecco perché, ad esempio, nulla viene detto in ordine a ciò che avvenne dall’epoca del Risorgimento fino alla Prima Guerra mondiale in Istria e Dalmazia.

Ecco perché si evita di insegnare e spiegare che i metodi usati dal regime italiano dal 1918 al 1945 – la famosa questione dell’italiano obbligatorio nelle scuole, l’italianizzazione dei cognomi e poi le violenze della guerra – erano sì sbagliati se visti con l’ottica odierna, ma con la mentalità di allora erano considerati come gli unici praticabili per riparare le ingiustizie patite dagli italiani nei decenni precedenti. Perché nulla accade mai per caso. continua a leggere


FORSE UN GIORNO SI RACCONTERA’ DI UN POPOLO…

UN GIORNO, FORSE SI RACCONTERA’ DI UN POPOLO … – GIORNO DEL RICORDO 2019 – Questo brano che state ascoltando fa parte di un recital, un piccolo assaggio di un grande recital musico-poetico sulla storia dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dell’ultimo dopoguerra raccontato dal trombettista e compositore triestino di origine istriana Mario Fragiacomo con il suo gruppo Mitteleuropa Ensemble di Milano. Brano che potrete trovare anche nel libro scritto insieme a Luigi Maria Guicciardi per la casa editrice triestina Luglio Editore pubblicato nel dicembre 2014. Un volume che racconta la peculiare esperienza di vita del trombettista, una storia personale “dal confine orientale” d’Italia, che va inevitabilmente ad intrecciarsi con la drammatica esperienza dell’esodo di istriani, fiumani e dalmati dopo la Seconda Guerra Mondiale. Stiamo parlando del libro QUELLA TROMBA DI LATTA DEL CONFINE ORIENTALE ITALIANO (con cd musicale antologico allegato al libro). Fragiacomo, uno degli ultimi artisti testimoni viventi dell’esodo, narra vicende che ha provato sulla propria pelle, ripercorrendole non con gli occhi dello storico, ma con quelli del musicista, guidato dall’esplicito desiderio di far conoscere al pubblico una storia troppo a lungo dimenticata. In “Quella tromba di latta del confine orientale italiano” trovano spazio i racconti delle baracche del campo profughi di Padriciano sul Carso triestino e di Campo Marzio a Trieste. Fragiacomo racconta dell’hangar 26 del Porto Vecchio di Trieste dove erano state depositate per decenni le masserizie degli esuli istriani prima di essere trasferite all’hangar 18, o meglio al Magazzino 18 come viene oggi pubblicizzato dai media. Nel libro inoltre trovano grande spazio le testimonianze, per la prima volta tutti assieme, quasi una squadra di solidali, arditi profughi artisti istriani, come il mitico maestro e direttore d’orchestra Luigi Donorà esule da Dignano, o come le scrittrici Marisa Brugna esule da Orsera e Regina Cimmino esule da Pola e Laura Marchig figlia di italiani “rimasti” a Fiume, Lino Vivoda ed altri. Raccontano la storia del travaglio politico e umano della vicenda istriana del dopoguerra ma è anche un racconto di memorie vissute, intrise di sofferenze e di speranza, memorie riconsegnate al lettore e a tutti coloro che siano aperti a riceverne il profondo messaggio umano e civile. Mario, allora adolescente, racconta del Silos di Trieste e proprio da questa terra di nessuno dell’allora Territorio Libero di Trieste, trovò e fece propria quella tromba di latta che dà il titolo al libro, uno strumento scalcinato e abbandonato che grazie a lui ebbe nuova vita. In questo assaggio con riprese audio e video artigianali ma rigorosamente dal vivo effettuate recentemente all’Argelab di Milano troverete una composizione emblematica del trombettista triestino con i testi di un anonimo poeta dell’esodo istriano dal titolo “Un giorno, forse si racconterà di un popolo … “.

Storia dei centri di raccolta profughi a Massa e Carrara

Storia dei centri di raccolta profughi a Marina di Massa e Marina di Carrara. Il filmato, realizzato dal Comitato Provinciale della Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, racconta attraverso varie testimonianze la storia nei CRP sul litorale Toscano.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

MAPPA DEI CAMPI PROFUGHI PER GLI ESULI GIULIANI DISLOCATI IN ITALIA..

10 FEBBRAIO – GIORNO DEL RICORDO 2019 
..PER ROMPERE IL SILENZIO E NON DIMENTICARE 

IL NOSTRO ESODO – I CENTRI RACCOLTA PROFUGHI – LA DISLOCAZIONE DEGLI ESULI GIULIANI..

La dislocazione dei profughi in Italia vide su una massa provvisoria di circa 150.000 individui, sistemarsi ben 136.116 nel Centro-Nord e solo 11.175 persone nel Sud e nelle isole. Risulta evidente come il più industrializzato Nord poté assorbire il maggior numero di esuli quindi 11.157 si fermarono in Lombardia, 12.624 in Piemonte, 18.174 nel Veneto e 65.942 nel Friuli-Venezia Giulia.

Appare chiaro da queste cifre che i profughi scelsero i nuovi territori di residenza sia per ragioni economiche sia per ragioni di costume e di dialetto, ma molti non si allontanarono dal confine per ragioni sentimentali e forse sperando in un prossimo ritorno che mai avvenne.
Un altro dato interessante scaturì da uno studio riguardante circa 85.000 profughi, da cui si deduce che oltre 1/3 scelsero di ricostruirsi una vita nelle grandi città (Trieste, Roma, Genova, Venezia, Napoli, Firenze,ecc.). 

L’Opera Profughi, tuttavia, non mancò di appoggiare le comunità che elessero loro domicilio le province meridionali d’Italia.
L’esperimento più rilevante si ebbe in Sardegna, nelle località di Fertilia, dove trovarono sistemazione oltre 600 profughi.

Il programma alloggiativo dell’Opera Profughi ebbe maggior sviluppo in quelle località dove risultava più consistente l’affluenza dei profughi, come Pescara, Taranto, Sassari, Catania, Messina, Napoli, Brindisi. 

Gli sforzi dell’ente si concentrarono verso quelle zone che permettevano una reintegrazione più completa possibile del profugo e dove era più gradito il domicilio sia per ragioni economiche sia per ragioni sentimentali e umane. 
I programmi edilizi più importanti sul territorio nazionale italiano furono varati a Roma (Villaggio Giuliano-Dalmata), Trieste, Brescia, Milano, Torino, Varese e Venezia. 

A Venezia il programma abitativo dell’Opera arrivò a realizzare circa duemila appartamenti, a Trieste oltre tremila e in provincia di Modena fu realizzato un organizzato Villaggio San Marco a Fossoli di Carpi per accogliere soprattutto i profughi dalla zona B dell’Istria. 

L’Opera si prodigò molto nell’assistenza degli anziani e soprattutto dei fanciulli appartenenti a famiglie disagiate istituendo diversi istituti scolastici e organizzando soggiorni estivi. Nel caso del collocamento al lavoro l’Opera, dal 1960 al 1964, aveva potuto provvedere alla sistemazione di ben 34.531 disoccupati.
Il contributo più grande a questo collocamento fu comunque dato dalle grandi industrie del nord e dalle aziende parastatali comprese nel famoso triangolo industriale tra Torino, Milano e Genova. 

Considerando i dati e i risultati ottenuti dall’Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati, si può constatare che, a partire dai primi anni cinquanta, il problema dell’inserimento sociale e lavorativo degli esuli giuliano-dalmati in Italia andò sempre migliorando. 

Risulta altresì chiaro che la grande prova di civiltà e di spirito di abnegazione dimostrato dal popolo dell’esodo, nonostante le sofferenze, le violenze, i disagi e i torti subiti, resterà una pagina indelebile di storia.

ISTRIA (ora Croazia e Slovenia) – Storia dell’Istria e della sua gente – 2/4

ISTRIA (ora Croazia e Slovenia) – Storia dell’Istria e della sua gente – 3/4

ISTRIA (ora Croazia e Slovenia) – Storia dell’Istria e della sua gente – 4/4 


https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_giuliano_dalmata


– L’esodo da Fiume e dall’Istria –

A partire dal maggio del 1945 iniziò l’esodo massiccio degli Italiani da Fiume e dall’Istria.

« Da Fiume se ne andarono, nel periodo 1946-1954, oltre 30.000 abitanti. Le ragioni di un esodo così massiccio furono di diversa natura… Si ricorda Bastianuti Diego, Storia del nostro esodo: “La mia famiglia, come tante altre, optò per l’Italia nel 1947 a Fiume, subito dopo riuscimmo a lasciare la nostra città…” »

Boris Gombač, Atlante storico dell’Adriatico orientale, op. cit.)


– L’esodo da Pola –

« Ricordo il suono dei martelli che battevano sui chiodi, il camion che trasportava la camera da letto di zia Regina al molo Carbon, avanzando tra edifici mortalmente pallidi di paura, e tutti gli imballaggi che si infradiciavano nella neve e nella pioggia. La grande nave partiva due volte al mese, dai camini il fumo saliva al cielo come incenso e insinuava negli animi il tormento sottile dell’incertezza e l’ombra dell’inquietudine; ognuno si sentiva sempre più depresso dall’aria di disgrazia che aleggiava sugli amici che si incontravano per strada. Via via il “Toscana” aveva infornato tutti i polesani… »

(Nelida Milani)


 Fino alla sottoscrizione del trattato di Parigi Pola era un’exclave della zona amministrata dagli Alleati


Un caso particolare fu quello di Pola. Il 9 giugno 1945 venne firmato a Belgrado un accordo tra gli alleati e gli Jugoslavi, nelle persone rispettivamente del generale Harold Alexander e il maresciallo Josip Broz Tito che, in attesa delle decisioni del trattato di pace, divise la regione secondo il tracciato della cosiddetta Linea Morgan. Tale linea poneva sotto l’amministrazione alleata un territorio leggermente più esteso dei confini attuali dell’Italia ma che comprendeva anche l’exclave della città di Pola. Il resto della Venezia Giulia e dell’Istria era lasciata all’amministrazione jugoslava.

Le notizie trapelate a maggio del 1946 in merito all’orientamento delle grandi potenze riunite a Parigi a favore della cosiddetta linea francese[8] – che assegnava Pola alla Jugoslavia – rappresentarono un fulmine a ciel sereno: in città si era infatti convinti che il compromesso sarebbe stato raggiunto sulla linea americana o sulla linea inglese, che avrebbero lasciato la città all’Italia.

Il 3 luglio si costituì il “Comitato Esodo di Pola. Il giorno successivo “L’Arena di Pola” titolò a piena pagina: “O l’Italia o l’esilio”.

Prima pagina dell’Arena di Pola uscito il 4 luglio 1946


– Conseguenze del trattato di pace –

(Trattato di pace fra Italia e le Potenze Alleate ed Associate siglato a Parigi, 10 febbraio 1947.)

« Art. 19 (comma 1°): I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato subentrante. (2°) Il Governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, perché tutte le persone di cui al paragrafo 1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è l’italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si considererà avere acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito. L’opzione esercitata dal marito non verrà considerata opzione da parte della moglie. L’opzione esercitata dal padre, o se il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai diciotto anni. (3°) Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell’opzione, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata. »


Con la firma del trattato l’esodo s’intensificò ulteriormente. Da Pola, così come da alcuni centri urbani istriani (Capodistria, Parenzo, Orsera, ecc.) partì oltre il 90% della popolazione etnicamente italiana, da altri (Buie, Umago e Rovigno) si desumono percentuali inferiori ma sempre molto elevate.

Il Trattato di Parigi prevedeva la perdita automatica della cittadinanza per tutti i cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati nel territorio ceduto, fatta salva la facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del trattato stesso. Alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, peraltro, si dava facoltà di esigere il trasferimento in Italia dei cittadini che avessero esercitato l’opzione suddetta, entro un ulteriore anno[14]. Tale clausola, di cui la Jugoslavia si avvalse, determinò l’abbandono della propria terra da parte di chi avesse optato per la cittadinanza italiana e chi emigrava non poteva portare con sé né denaro né beni mobili (gli immobili erano comunque considerati parte delle riparazioni di guerra che l’Italia doveva alla Jugoslavia). Chi non rientrava in Italia rischiava di rimanere apolide. Proprio su questa condizione si pone un problema nella ridda di cifre relative all’esodo, in quanto si riporta spesso una certa cifra, ma si manca di prendere in considerazione che gli apolidi erano in maggior parte proprio Italiani.

Con la firma del trattato l’esodo s’intensificò ulteriormente. Da Pola, così come da alcuni centri urbani istriani (Capodistria, Parenzo, Orsera, ecc.) partì oltre il 90% della popolazione etnicamente italiana, da altri (Buie, Umago e Rovigno) si desumono percentuali inferiori ma sempre molto elevate.


– L’esodo dalla zona A – 

L’ultima fase migratoria ebbe luogo dopo il 1954 allorché il Memorandum di Londra assegnò definitivamente la zona A del Territorio Libero di Trieste all’Italia, e la zona B alla Jugoslavia. L’esodo si concluse solamente intorno al 1960. Dal censimento jugoslavo del 1971 in Istria, a Fiume e nel Quarnero erano rimasti 17.516 italiani su un totale di 432.136 abitanti, e nonostante la paventata politica assimilatrice nel 1991 il numero degli italiani aumentò a 21.995.

Di tutti coloro che esodarono la maggior parte, dopo aver dimorato per tempi più o meno lunghi in uno dei 109 campi profughi allestiti dal governo italiano, si disperse per l’Italia, mentre si calcola che circa 80.000 emigrarono in altre nazioni. L’economia dell’Istria risentì per numerosi anni del contraccolpo causato dall’esodo.


– Il giorno del ricordo –

Dal 2005 ogni 10 febbraio è stato indicato come Giorno del Ricordo dedicato alla commemorazione dei morti e dei profughi italiani, poiché in tale giorno, nel 1947, il trattato di Parigi assegnò l’IstriaFiume e Zara alla Jugoslavia quindi s’intensificò, coinvolgendo anche le zone precedentemente salvaguardate dalla linea Morgan, l’esodo di massa già iniziato negli anni precedenti.


Storie: Video ecc.

25 aprile 2016 – Barbana –  il Primo Giubileo degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati il mio video ricordo con le foto dell’evento, l’orazione di Lucia Bellaspiga e le immagini storiche dell’esodo. Dedicato a chi c’era e a chi non c’era.

 La storia di Margherita Germoglio, fuggita da Pola

articolo: http://video.gelocal.it/messaggeroveneto/locale/esuli-istriani-la-storia-di-margherita-germoglio-fuggita-da-pola/70399/71368?ref=fbfmv

Margherita Germoglio è solo una tra i tanti esuli istriani che, dopo il trattato di Parigi del 1947, hanno lasciato la propria casa e i propri beni per arrivare in Friuli Venezia Giulia. Il Messaggero Veneto ha deciso di raccontare le storie di queste persone e lo fa attraverso il reportage di Nicolò Giraldi –

14 febbraio 2017 – Le Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati saranno ricevute al Quirinale dal Presidente Mattarella

Successivamente alla cerimonia ufficiale del Giorno del Ricordo, celebrata alla Camera dei Deputati lo scorso 10 febbraio alla presenza dei Presidenti Boldrini e Grasso, il Quirinale ha cortesemente invitato una rappresentanza delle Associazioni degli Esuli ad un incontro, programmato per mercoledì 15 p.v. alle ore 12.00, con il Presidente Mattarella.

La notizia dell’evento è stata comunicata al Presidente della FederEsuli, dr. Antonio Ballarin, invitando quest’ultimo a contattare le Associazioni già riunite nel Tavolo Governo – Esuli previsto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ad organizzare, in tal mondo, l’attesa rappresentanza.

Le Associazioni alle quali è stato esteso l’invito sono:
Associazione delle Comunità Istriane,
Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio,
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia,
Libero Comune di Pola in Esilio,
Libero Comune di Fiume in Esilio,
Unione degli Istriani.

20 ottobre 2017 – Nella Sala Rossa del Comune di Savona, con i ragazzi del Liceo Scientifico O. Grassi, dell’Istituto Boselli Alberti, dell’IPSSAR Alberghiero A. Migliorini, per l’incontro “Ma il resto d’Italia si è mai reso conto davvero…?” con Lucia Bellaspiga, figlia di esuli istriani, scrittrice e giornalista, inviata del quotidiano Avvenire.

Un’iniziativa importante per approfondire la vicenda dei popoli della Venezia Giulia e della Dalmazia, nell’ambito del progetto “Geografie di memoria”, con il patrocinio della Città di Savona e il contributo del Consiglio Regionale della Liguria.

Esodo, la memoria negata – esodo degli Istriani 1

Esodo degli Istriani 2

Pubblicato il 15 aprile 2016 – Storie e persone – L’esodo dei profughi istriani

L’amore ai tempi dell’esodo istriano

Pubblicato il 20 gen 2015 – L’amore ai tempi dell’esodo istriano, raccontato da Stefano Zecchi, doc Estetica Univ. Statale di Milano.

Pagina: La Storia degli “esuli Istriani, Fiumani, Dalmati”ultima modifica: 2017-10-22T02:53:27+02:00da alessandro-54
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