Stradario Giuliano Dalmata di Roma…

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Il nostro Gianclaudio, rovignese di Roma, con l’amico Marino hanno dato alle stampe la nuova edizione ampliata ed arricchita dello Stradario Giuliano Dalmata di Roma… le prime copie sono fresche di stampa e già esaurite, ma a settembre chi vorrà le potrà richiedere all’Archivio Museo della Città di Fiume di Roma, via Cippico 10 , cap 00143
info@fiume-rijeka.it
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“Nazario Sauro un esempio ancora attuale”

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articolo: https://capodistria.rtvslo.si/news/friuli-venezia-giulia/nazario-sauro-un-esempio-ancora-attuale/533086?fbclid=IwAR0RC1qu8iqmOq9YcnUL1xnRJh0hiO267toDyIhMrkVX2dgOSMJXJl148q8

Celebrato ieri sera a Trieste il 104 esimo anniversario della morte di Nazario Sauro, medaglia d’oro al valor militare alla memoria, fra le figure più importanti dell’irredentismo italiano.

10/8/2020 20:33:56 | Trieste | Radio Capodistria

Quasi 200 persone hanno partecipato alle celebrazioni dell’anniversario della morte di Nazario Sauro, italiano nato a Capodistria nel 1880, sotto l’impero austro ungarico, e impiccato a Pola dopo la condanna a morte da parte delle autorità austro-ungariche nel 1916, per essersi arruolato nella regia marina italiana.
Il programma tradizionale è stato ridimensionato a causa delle regole di prevenzione dal Covid-19, non c’è stata la tradizionale messa, sostituita da una benedizione del cippo dedicato a Nazario Sauro al Parco della rimembranza, seguita dalla cerimonia solenne nel piazzale Marinai d’Italia sulle rive di Trieste, di fronte alla statua che lo ricorda.
Nazario Sauro è da sempre un simbolo dell’irredentismo italiano: medaglia d’oro al Valor Militare alla Memoria, per aver deciso di combattere per l’Italia, e di sacrificarsi dopo esser stato catturato dagli austriaci, dopo 60 missioni, in seguito al naufragio del sommergibile Pullino.
Nel suo intervento il presidente del Comitato Onoranze Nazario Sauro, Fulvio Sluga, ha sottolineato come quella di Nazario Sauro sia un figura cara a tutti gli italiani: Questa – ha spiegatoè una cerimonia che simboleggia il sacrificio di tantissimi italiani di questa terre, Giuliane, istriane e dalmate, che nella prima guerra mondiale decisero di partire volontari per l’Italia per riaffermare il principio del diritto storico, e non solo di queste terre, di poter tornare a essere italiane”.
Credo – ha aggiunto – che quella di Nazario Sauro sia una figura ancora attuale, a più di 100 anni dalla sua morte, perché la differenza che c’è tra essere gente ed essere popolo sta proprio nel mantenere l’identità storica e la memoria, e Nazario Sauro rappresenta la memoria di chi ha sacrificato la propria vita perché il tricolore potesse sventolare su questa terre”.continua a leggere

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Grotta Jazovka, riesumati i resti di 814 vittime dei partigiani

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articolo: https://lavoce.hr/attualita/grotta-jazovka-riesumati-i-resti-di-814-vittime-dei-partigiani

Sošice: Komemoracija pokraj jame Jazovke za žrtve koje su ubili partizani 22.06.2018., Sosice - Spomen-pohod i komemoracija pokraj jame Jazovke na Zumberku za vojnike i civile koje su partizani ubili tijekom Drugog svjetskog rata i nakon njega te ih bacili u jamu. Photo: Zarko Basic/PIXSELL

In questi giorni dalla grotta Jazovka sono stati estratti i resti di 814 vittime di omicidi di massa durante e dopo la fine della Seconda guerra mondiale.  “L’identificazione visto il periodo trascorso sarà impossibile date le condizioni dei resti”, ha dichiarato Tomo Medved, Ministro dei Difensori. La procedura di esumazione si è rivelata estremamente difficile perché il passaggio della grotta è molto stretto, ma i team speleologici impegnati hanno fatto un lavoro eccellente. I resti ritrovati nella grotta Jazovka, non lontano da Sošice, nel comune di Žumberak (ai confini con la Slovenia), apparterrebbero a ustascia e domobrani,  ma anche a personale medico e suore degli ospedali di Zagabria trasportati a forza e gettati nella grotta dai partigiani.

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Esuli: «Passi avanti, ma i problemi restano»

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articolo: https://lavoce.hr/esuli-e-rimasti-la-voce-del-popolo/esuli-passi-avanti-ma-i-problemi-restano

L’ANVGD sollecita al risarcimento morale ed economico degli esuli

L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) considera un passo avanti verso la pacificazione tra due comunità nazionali la cerimonia che si è svolta lunedì mattina al Monumento nazionale della Foiba di Basovizza. Alla presenza di una rappresentanza degli esuli “i Presidenti italiano e sloveno, Sergio Mattarella e Borut Pahor, hanno deposto una corona nel luogo che per la comunità degli esuli istriani, fiumani e dalmati è il simbolo dei lutti e delle violenze patiti ad opera dei partigiani jugoslavi di Tito, soprattutto a guerra finita, nelle terre che furono poi costretti ad abbandonare”, si legge in una nota diffusa dall’ANVGD e firmata dal presidente Renzo Codarin sulla “storica visita di Borut Pahor, il primo Presidente di uno Stato successore della Jugoslavia a recarsi alla Foiba di Basovizza: ora – prosegue la nota – ci attendiamo che la Slovenia consenta la ricognizione e l’adeguata conservazione delle foibe che si trovano nel suo territorio”.
“Successivamente ci sono stati altri eventi cui hanno preso parte i due capi di Stato, ai quali non abbiamo inteso partecipare”, precisano dall’ANVGD, e aggiungono: “Siamo invece stati presenti all’incontro organizzato dal Presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, con il Presidente della Repubblica, il quale ha dimostrato di essere a conoscenza dei problemi degli esuli ancora irrisolti dopo 70 anni”.
Al Presidente Sergio Mattarella hanno chiesto “che inviti il Presidente della Croazia a svolgere un’analoga visita alla Foiba di Basovizza e che vengano costituite due nuove commissioni storiche bilaterali italo-slovena (onde aggiornare i risultati di quella che ha lavorato nel 1993-2000 giungendo a conclusioni che non tutti hanno condiviso) e italo-croata, che lavorino senza pregiudiziali ideologiche, bensì nello spirito della comune appartenenza all’Unione europea”.
L’attenta presenza all’incontro dei ministri degli Interni, Luciana Lamorgese, dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, e degli Affari esteri, Luigi Di Maio, – scrive ancora l’ANVGD – ci fa ben sperare per un’imminente convocazione del Tavolo di coordinamento Esuli-Governo presso la Segreteria della Presidenza del Consiglio”. “Auspichiamo – prosegue la nota – che vengano finalmente costituiti gruppi di lavoro specifici che risolvano questioni come il debito di Slovenia e Croazia ereditato dalla Jugoslavia per risarcire i beni abbandonati, l’indennizzo da parte dello Stato italiano dei beni degli esuli usati per pagare le riparazioni di guerra alla Jugoslavia e l’apposizione della Medaglia d’oro al gonfalone di Zara”. L’odierno riconoscimento tra Italia e Slovenia delle reciproche sofferenze maturate nel Novecento non è un punto di arrivo, bensì solo un passaggio intermedio verso il completo risarcimento economico e morale di quanto patito dagli italiani dell’Adriatico orientale.

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In viaggio verso i rimasti Rivivere l’Istria di Guido Miglia

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articolo: https://lavoce.hr/esuli-e-rimasti-la-voce-del-popolo/in-viaggio-verso-i-rimasti-rivivere-l-istria-di-guido-miglia

E a un certo punto succede. Le tessere s’inseriscono nel posto giusto a comporre il mosaico che avevamo immaginato. Il tempo, grande maestro, insegna ad attendere, per capire e vincere, almeno con noi stessi, mentre gli altri, tutti gli altri, potrebbero avvertirlo a fare proprio il messaggio che ne scaturisce.

Pensieri in libertà che emergono dalla lettura dell’ultimo libro di Silva Bon dedicato a “Guido Miglia. Rivivere l’Istria”, insegnante, giornalista e scrittore, personaggio poliedrico, figlio di queste terre di confine che ha cercato di capire con testardaggine, mai soddisfatto delle risposte, convinto di dover scavare per costruire.
Il libro nasce da una ricerca che la storica Silva Bon ha accettato di affrontare sollecitata dal collega Roberto Spazzali “che aveva appena terminato di sistemare il fondo Guido Miglia – racconta l’autrice – consegnato dalla famiglia all’IRSML”. L’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione nell’FVG ora pubblica il libro con il contributo del Circolo di Cultura “Istria”.

Cosa c’era nel fondo, da cosa si compone?…. continua a leggere

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A tutti i rovignesi, buona Sant’Eufemia!!

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Oggi è Sant’Eufemia, la ricorrenza più sentita per i rovignesi.
Il nome Eufemia deriva dal greco ed è traducibile con “colei che parla bene” o “donna dalla bella parola”, da cui deriva anche l’aggettivo “eufemistico”, oggi di ampio uso nella lingua italiana. Le notizie circa la vita della Santa sono tramandate da varie fonti, secondo le quali essa nacque da una famiglia patrizia verso la fine del  Altro…

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10 febbraio 2018 – Giorno del ricordo

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10 FEBBRAIO: GIORNO DEL RICORDO – Per non dimenticare le vittime delle foibe

condiviso da Fb: Simone Negri – Sindaco di Cesano Boscone ha condiviso il post di Comune di Cesano Boscone.

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71 anni fa le “grandi potenze” formalizzarono la loro decisione, che condannò la nostra gente all”esilio, alla dispersione, in spregio a quel diritto di “autodeterminazione dei popoli” che esse stesse avevano proclamato.
(disegno dell’artista polesano Gigi Vidris)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

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Il messaggio del Presidente della Repubblica nell’occasione del Giorno del Ricordo

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Visita anche la pagina: http://alessandro54.myblog.it/la-storia-delle-foibe/

“Violenze del passato ci ammoniscono sui rischi dell’odio etnico”

Articolo: http://www.repubblica.it/politica/2018/02/09/news/foibe_mattarella_violenze_del_passato_ci_ammoniscono_sui_rischi_dell_odio_etnico_e_della_violenza_ideologica_-188412951/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P5-S1.6-T1

ROMA – 09 -febbraio – 2018 – Basta alimentare il vento dell’odio. Il nostro paese corre “gravissimi rischi” a causa “del nazionalismo estremo, l’odio etnico, la violenza ideologica eretta a sistema”. Usa parole durissime Sergio Mattarella per rinnovare la condanna della strage delle foibe, che nel pomeriggio ha presenziato a Palazzo Madama alla celebrazione del Giorno del Ricordo, con il presidente del Senato Grasso (“per troppo tempo questa tragedia è stata dimenticata”), il ministro Finocchiaro. Presenti molti familiari delle vittime. Il presidente dell’associazione degli esuli giuliano-dalmati, Antonio Ballarin, chiede che 70 anni dopo arrivi completamente il risarcimento dello Stato per danni subiti dai profughi, costretti a lasciare casa e beni. E il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, vorrebbe l’apertura degli archivi nella ex Jugoslavia per rintracciare i luoghi di sepoltura delle vittime e ricostruire anche il ruolo dei partigiani comunisti italiani nella “pulizia etnica” voluta dal maresciallo Tito. continua a leggere

10 febbraio: Giorno del Ricordo – Io non dimentico

da Youtube : ORGOGLIO TRIESTINO – DAVIDE SULCIC – Pubblicato il 9 feb 2018

Senato della Repubblica, Cerimonia del Giorno del Ricordo

Premere il Link qui sotto:

TG5-  Foibe, il dovere di non dimenticare

10 febbraio 2018 –  il ricordo: migliaia di italiani uccisi dal comunismo nazionalista di Tito nel 1945

Per vedere il filmato premere il Link qui sotto
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I Documenti Diplomatici Italiani

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MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI COMMISSIONE PER LA PUBBLICAZIONE DEI DOCUMENTI DIPLOMATICI
I DOCUMENTI DIPLOMATICI ITALIANI

condiviso da ANVGD AREZZO

UNDICESIMA SERIE: 1948-1953
VOLUME I
(8 maggio – 31 dicembre 1948)

Link: http://www.farnesina.ipzs.it/series/

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ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO
LIBRERIA DELLO STATO
ROMA MMV

Con questo volume ha inizio la serie undicesima della collezione dei Documenti Diplomatici Italiani dedicata alla pubblicazione del materiale relativo alla prima legislatura repubblicana. Questo volume affronta i temi riguardanti la politica estera del primo governo repubblicano costituito dopo l ‘entrata in vigore, il 1° gennaio 1948, della Costituzione repubblicana. A partire da questa serie undicesima infatti, la collezione assume, come criterio organizzativo per la pubblicazione, la suddivisione del materiale documentario secondo la durata dei singoli governi repubblicani, salvo casi eccezionali, di sovrabbondanza della documentazione (come proprio questo volume d’esordio mostra), di importanza del periodo storico al quale essa si riferisce e di durata non breve del governo in carica. Il Parlamento eletto il 18 aprile iniziò i suoi lavori 1’8 maggio 1948. Il 12 maggio Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, presentò le sue dimissioni, che vennero respinte; tuttavia De Gasperi operò un profondo rimpasto nel suo Gabinetto, mantenendo l’alleanza quadripartita con i partiti repubblicano, liberale e socialdemocratico e impegnando ancora il conte Carlo Sforza a ricoprire la carica di ministro degli esteri. Il «nuovo» governo durò sino al 12 gennaio 1950 e ciò spiega la necessità di una cesura per questo volume al 31 dicembre 1948. .Del resto il periodo allora attraversato dall’Italia imponeva sceltedi fondo sul piano internazionale, scelte rispetto alle quali le carte disponibili hanno una mole tale da imporre, nonostante rigorosi criteri di selezione, la pubblicazione di una serie assai cospicua di documenti e da rendere necessaria la loro suddivisione in più di un volume.
Circa l’importanza del periodo, è appena il caso di ricordare che da almeno un anno il conflitto che divideva l ‘Europa in due blocchi contrapposti, legati l ‘uno agli Stati Uniti d’America e l’altro all’Unione Sovietica, stava avviandosi verso le scelte di fondo più impegnative. Il piano Marshall, annunciato nel giugno 1947, era sul punto di entrare in applicazione pratica, dopo che nell’aprile 1948 il Congresso americano aveva creato l’E.C.A. (Economie Cooperation Administration). l’organizzazione alla quale era affidato il compito di porre in essere l’E.R.P. (European Recovery Program), cioè il progetto di aiuti che il Congresso americano aveva trasformato in legge nel febbraio dello stesso anno. Tuttavia gli aiuti economici erano frattanto divenuti solo una parte dell’impegno americano. Dal gennaio 1948 il ministro degli Esteri britannico, Ernst Bevin, aveva posto pubblicamente sul tappeto un tema già oggetto di negoziati militari riservatissimi, la questione dell’ organizzazione di un sistema di difesa militare dell’Occidente. Era il progetto dal quale, il 17 marzo 1947, nacque il Patto di Bruxelles, l’alleanza tra Gran Bretagna, Francia e Benelux; ma era anche il primo passo del complesso negoziato che subito dopo sarebbe iniziato, in vista della creazione di una più vasta alleanza, rispetto alla quale la posizione italiana rimase imprecisata sino all’inizio del 1949. Parallelamente, quei mesi segnavano anche l’emergere delle prime manifestazioni europeistiche di una IX certa risonanza. Nel maggio 1948 ebbe luogo all’ Aja, quel Congresso europeo dal quale sarebbe poi nato il Consiglio d ‘Europa ma che al momento contribuì non poco a confondere la percezione dei problemi sul tappeto da parte dell’opinione pubblica: se i negoziati riguardassero la creazione di un sistema integrato europeo oppure di un’alleanza militare atlantica, oppure, ancora, di alleanze collegate da qualche altra formulazione giuridica.
Mentre il «sistema» occidentale procedeva abbastanza speditamente verso il proprio rafforzamento, anche l’Un ione Sovietica cercava, sebbene con minor successo, di rafforzare il suo controllo sull’Europa orientale. Dopo che, all’inizio del 1948, la Cecoslovacchia aveva cessato di essere governata da una coalizione di partiti abbastanza eterogenea e non collimante alla perfezione con «l’internazionalismo socialista» (cioè l’alleanza con l’URSS) che costituiva il principio unificante delle alleanze sovietiche, per divenire un pieno e fedele satellite di Mosca, sotto la guida di Klement Gottwald, due erano i temi che condizionavano il consolidamento della politica sovietica: la questione tedesca e la coesione del Cominform. Per quanto riguardava la questione tedesca, il governo di Mosca doveva ancora assumere le proprie definitive determinazioni e, in tale frangente, la questione di Berlino rappresentava uno dei passaggi critici più ardui, poiché essa consentiva l’esistenza, nella zona d’occupazione sovietica, di un’area di libertà, essendo, come è noto, Berlino costituita in «corpo separato» diviso in quattro zone d ‘occupazione, tre delle quali collegate alle zone occidentali della Germania. Parallelamente, anche le potenze occidentali si preparavano a porre le basi politiche e istituzionali sulle quali sarebbe nata, l’anno successivo, la Repubblica federale di Germania. Si colloca in tale contesto la crisi determinata dal cosiddetto «blocco di Berlino», cioè dalla decisione assunta dai Sovietici nel giugno 1948, una decisione che nel presente volume viene presentata nella sua portata per la diplomazia italiana, di impedire i liberi traffici tra le zone occidentali dell’antica capitale tedesca e le rispettive zone d’occupazione.
Questa crisi, che sarebbe terminata solo nel maggio 1949, metteva in luce una delle persistenti difficoltà sovietiche: quella riguardante i rapporti con la Germania orientale.
Accanto a questo tema, e forse ancora più rilevante per i suoi riflessi sulla politica estera italiana, va ricordata la frattura tra la Yugoslavia e l’Unione Sovietica.
L’espulsione della Yugoslavia dal Cominform, alla fine del giugno 1948, se non portò a una completa rottura diplomatica fra i due paesi, mise in luce la divaricazione esistente tra l’esigenza sovietica di ottenere che i paesi satelliti seguissero una politica interna e internazionale perfettamente coerente con il dettato staliniano e, per contro, la tenace propensione del presidente yugoslavo, il maresciallo Tito, a seguire una propria visione della politica balcanica e europea della Yugoslavia. Questa frattura, che rendeva la Yugoslavia assai preziosa agli occhi delle potenze occidentali, aveva riflessi sulla situazione italiana rispetto alla questione del Territorio Libero di Trieste e alla possibilità che la dichiarazione tripartita del marzo 1948, relativa alla volontà delle potenze occidentali di restituirlo tutto ali’ italia, fosse ancora attuabile.
Dinanzi a questa situazione l’Italia, che aveva appena subito l’umiliazione deltrattato di pace e che a fatica ristabiliva relazioni regolari con tutti i paesi del mondo, doveva anzitutto affrontare i temi relativi alla completa applicazione delle clausole non ancora definite del trattato di pace e doveva, al tempo stesso, prendere posizione rispetto al processo di formazione del «blocco occidentale». Per quanto riguardava il primo aspetto, la novità della situazione yugoslava metteva la diplomazia italiana in una situazione più che mai critica e proiettava verso un avvenire poco definibile la necessità di trovare un compromesso che non inducesse Tito a ritornare alla piena lealtà verso l’URSS. Ma questo era un tema che non poteva essere guardato se non in una prospettiva di medio termine, se è vero che solo nel 1954 esso trovò una prima soluzione di compromesso.
Ben più complesso era l’insieme dei temi riguardanti l’applicazione delle altre clausole del trattato di pace. I documenti pubblicati in questo volume illustrano i tentativi italiani di ottenere un alleggerimento delle clausole riguardanti la consegna di navi italiane ai vincitori e, in particolare all’Unione Sovietica; ma soprattutto documentano in maniera quanto mai ricca i negoziati riguardanti il futuro delle colonie prefasciste dell’Italia. Mentre non si nutrivano serie speranze su un recupero dell’Eritrea, molto si discuteva della situazione della Somalia e di quella della Libia.
Circa la Somalia, dopo la crisi itala-britannica del gennaio 1948 per i sanguinosi incidenti avvenuti a Mogadiscio, affiorava l’ipotesi di un’Amministrazione fiduciaria che l’O.N.U. avrebbe potuto affidare all’Italia. Più complessa la questione libica, circa la quale le ambizioni italiane di ottenere una parte del territorio (la Tripolitania) in amministrazione fiduciaria si intrecciavano con le ambizioni britanniche sulla Cirenaica e francesi sul Fezzan. Ma più ancora rilevante era il fatto che da parte statunitense fosse già evidente una ferma opposizione rispetto a ogni rafforzamento della presenza inglese nel Mediterraneo orientale e da parte sovietica riaffiorassero le ambizioni a acquisire un ruolo nell’antica colonia italiana. Solo nel tardo autunno del 1948 la questione libica venne direttamente affrontata in un negoziato diretto fra Roma e Londra. La documentazione di questa prima fase del negoziato (che avrebbe portato a un effimero accordo nel maggio 1949) è riprodotta nel presente volume.
La questione dominante l’azione internazionale dell’Italia fu però, in quei mesi come nei primi mesi del 1949, l’atteggiamento da assumere verso il movimento europeo e, più ancora, verso i negoziati da tempo avviati in maniera preliminare ma iniziati segretamente nel luglio 1948 a Washington. Il tema si proponeva in una serie di aspetti in parte derivanti dalle difficoltà interne a prendere posizioni troppo nette anche sul piano internazionale; in parte derivanti dalla necessità in cui l ‘Italia ancora si trovava, di non compiere scelte troppo esplicite nel momento in cui appariva ancora utile non partecipare apertamente a uno schieramento che l’Unione Sovietica giudicava ostile; infine, ma soprattutto, derivanti anche dalla diversità di opinioni esistente fra i paesi occidentali rispetto alla posizione da assegnare ali’ Italia, che solo con un certo sforzo di immaginazione geografica poteva essere considerato un paese «atlantico» ma che politicamente era già integrata nel sistema occidentale grazie alle posizioni assunte rispetto al piano Marshall e ai movimenti europei.
Questi temi, che sono stati oggetto di studio da parte di molti autori, i quali hanno pubblicato anche un buon numero di documenti riprodotti nel presente volume (basti qui ricordare, tra gli altri, B. Bagnato, O. Barié, M. De Leonardis, G. Formigoni, L. Nuti, P. Pastorelli, M. Toscano, B. Vigezzi) questi temi trovano ora una sistemazione coordinata che permette di cogliere tutte le sfumature del problema e consente anche di scorgere aspetti che nella loro complessità e nelle intersezioni che li caratterizzarono, in definitiva, sono ancora poco conosciuti o non sono stati adeguatamentemessi in rilievo.
Sul piano della politica interna, al quale in questa sede è necessario solo alludere, occorre rilevare che i partiti politici italiani, appartenenti alla coalizione di governo o all’opposizione, erano in gran parte impreparati a affrontare un tema così ostico come quello di aderire a un’alleanza politico-militare. Forse solo i maggiori protagonisti della vita italiana, uomini come De Gasperi o Sforza, avevano la chiara percezione della necessità di affrontare un tema che viceversa, sul piano diplomatico, veniva con insistenza messo in evidenza, benché con opinioni divergenti, da tutti gli ambasciatori presso le grandi capitali occidentali e a Mosca.
Tuttavia, proprio gli aspetti diplomatici della vicenda presentavano esigenze contraddittorie.
Appariva prematuro partecipare a intese formali che avrebbero approfondito il distacco dell’Italia dalla politica sovietica proprio quando era invece necessaria quella normalizzazione che venne affidata all’ex ministro del commercio con l’estero, on. U go La Malfa al quale fu affidato il compito di guidare una delegazione a Mosca, dove La Malfa rimase a lungo, non senza suscitare l’allarme degli occidentali rispetto alla coerenza delle scelte di fondo italiane, ma raggiungendo il risultato di stipulare un accordo commerciale, firmato alla metà del dicembre 1948. 
Questo accordo, che nel presente volume trova accurata documentazione, non modificava l’orientamento occidentale dell’Italia eppure esso, anche per il momento in cui veniva sottoscritto, era un primo, misurato segnale dato dal governo di Roma, circa la sua intenzione di non legare completamente l’avvenire economico della penisola alle sorti dei negoziati per l’alleanza occidentale. Tali negoziati proseguivano frattanto nell’incertezza circa la posizione italiana. Le pressioni di Pietro Quaroni, ambasciatore a Parigi, Tommaso Gallarati Scotti, ambasciatore a Londra e soprattutto quelle di Alberto Tarchiani, ambasciatore a Washington erano solo sommessamente bilanciate dalle reticenze di Manlio Brosio, che da Mosca rilevava i vantaggi di una politica di neutralità. Il problema vero stava nel fatto che sebbene Sforza e Tarchiani con De Gasperi (che era tuttavia condizionato dalle resistenze interne al partito della Democrazia cristiana) fossero convinti della necessità che l’Italia assumesse una posizione risoluta, la scelta era resa difficile non solo dalla esitazioni interne ma anche dall’incertezza delle maggiori (e minori) potenze occidentali sul ruolo da destinare alla Penisola. Si discuteva del contributo effettivo che l’Italia avrebbe potuto dare alla difesa dell’Occidente e molti giudicavano tale contributo fosse «more a liability than an asset». Si pensava perciò a un accordo mediterraneo, nel quale includere forse la Grecia e la Turchia e magari anche la Spagna. Alla fine del 1948 la situazione non era ancora del tutto chiara. Tuttavia questo volume suggerisce già il momento di svolta messo in evidenza dalla storiografia, indicando l’avvicinamento i tal o-francese, sanzionato dal viaggio di De Gasperi a Bruxelles e Parigi (20-23 novembre) e dall’incontro tra Sforza e Schuman a Cannes, (20-21 dicembre) come il momento in cui il governo di Parigi, per ragioni proprie, assumeva come obiettivo francese la piena partecipazione dell’Italia al Patto atlantico, come le settimane successive avrebbero reso manifesto.
I documenti pubblicati in questo volume provengono da diversi Archivi pubblici e privati, In primo luogo, e per la maggior parte, essi provengono dall’Archivio storico del Ministero degli Esteri utilizzato, come di consueto, in tutte le sue componenti (Telegrammi segreti ed ordinari 1, Segreteria Generale, Gabinetto, Affari politici, Affari economici, Ambasciate d’Italia a Washington, Parigi, Londra e Mosca). La ricerca è stata completata con la consultazione delle carte conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato e presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, nonché dei documenti dell’Archivio privato Sforza (per la parte non versata all’Archivio Centrale dello Stato), e dell’Archivio privato De Gasperi messo gentilmente a disposizione della signora Maria Romana De Gasperi che, unitamente al prof. Pastorelli, ringrazio sentitamente.
La pubblicazione di questo volume, come di molti volumi dei Documenti Diplomatici Italiani, non sarebbe stata possibile senza la risolutiva collaborazione delle dott.sse Antonella Grossi e Francesca Grispo cui si devono la ricerca archivistica del materiale, la sua preparazione per la stampa e la predisposizione dell’indicesommario e della tavola metodica. L’indice dei nomi è opera della dott.ssa Paola Tozzi Condivi che ha anche collaborato alla ricerca archivistica ed alla preparazione del materiale per la stampa. La trascrizione dei manoscritti è stata effettuata dalla sig.a Andreina Marcocci.
Un ringraziamento particolare debbo anche al prof. Pastorelli, Presidente della Commissione per il riordino e la pubblicazione dei DDI. Senza tale collaborazione il volume sarebbe stato privo di alcuni documenti importanti provenienti dalla carte De Gasperi, che il prof. Pastorelli è riuscito invece ad ottenere, così da rendere la documentazione del tutto esauriente.
È impossibile dunque licenziare il volume per la stampa senza esprimere la più profonda gratitudine per la dedizione, la passione e la competenza con cui il lavoro è stato condotto a termine.
ENNIO DI NOLFO

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